Paesaggi, Bologna, Venezia, nature morte e figurativo
E’ una pittura d’atmosfera fatta di silenzi, giochi di luce e di ombre, con decise reminiscenze ottocentesche che si collocano nell’ambito del classicismo. Una pittura che predilige gli scorci suggestivi e gli angoli più tipici di Bologna o certe calli di Venezia dove luce ed acqua si fondono in chiarori.
I rii di Venezia da lui dipinti non esplodono con una vivacità di colori chiassosi: pacatamente distendono toni sommessi di un’atmosfera ventilata, dove nel cielo si stracciano lembi di nuvole leggere. Una lama di luce che fende il quadro e dona un pallido oro agli antichi muri scalcinati o una mensola barocca, il tonfo sordo di un remo sull’acqua sono i soli eventi della tranquillità delle sue Venezie.
Il suo amore per la natura ha prodotto opere dove si possono incontrare paesaggi immersi in un clima romantico, le nature morte in particolare i fiori dipinti donano pacate riflessioni, un entusiasmo che si sviluppa in un armonico assemblaggio di emozioni. Le sue rose donano sentimento e amore.
Una nota anche ai ritratti da lui dipinti dove espressioni divengono messaggio di vita, volti soffusi di delicato sentimento, si evidenziano efficaci proporzioni tecniche. Le scene di contenuto sacro sono le sospensioni spirituali e l’intensità delle reazioni di ricerca emotiva che portano il pittore nell’interno della personalità del soggetto raffigurato.
Tecniche usate: olio su tela a pennello e spatola, acquerello.
Laghetto in Val di Setta
La luce all’orizzonte del sole al tramonto mette in evidenza una nube che adombra la veduta, lasciando trapelare pochi raggi di luce riflessi con un bagliore intenso dalla superficie di uno specchio d’acqua. Pare che la penombra renda tristi gli arbusti intorno all’acqua, come avvertissero l’avvicinarsi dell’inverno. Però il riflesso vivido del laghetto consola e incoraggia le gracili piante ricordando loro che vi sarà il ritorno della forza vitale della natura, quando essa adornerà i loro teneri rami di freschi e giovani germogli, trasformati poi dal sole primaverile in altri rami e tante foglie.
Allora si può rammentare, ispirati dalle georgiche virgiliane: silvae canunt undique avibus, “et de altis arbustis assiduae cicadae” (le selve echeggiano per ogni dove del canto degli uccelli, “e degli alti arbusti cantano incessanti le cicale”).
Edo Albisetti